Battaglia bene male Rebbe mitzvot

LA VITTORIA FINALE NELLA GUERRA TRA IL BENE E IL MALE

Perdonare i nostri nemici per ciò che ci hanno fatto è compito di Dio.
Il compito dell’esercito è quello di organizzare l’incontro tra loro.

Questa Guerra Finirà Mai?

Uno degli argomenti più interessanti sul futuro è quello che riguarda le mitzvòt nel tempo della redenzione/gheulà. Questa domanda assume maggiore importanza durante il mese di Elùl, un periodo in cui siamo impegnati a fare un resoconto spirituale dell’adempimento delle mitzvòt dell’anno precedente, di ciò che abbiamo fatto e non abbiamo fatto e di ciò che dobbiamo ancora fare.

In futuro, sentiremo ancora la paura degli imminenti giorni di Rosh Hashanà e Kippùr? In futuro, inizieremo a dire le Selikhòt/richieste di perdono prima del Capodanno ebraico?

Nelle parashòt di questa settimana, Nitzavìm-Vayèlekh, troviamo un versetto esplicito che fa luce sull’argomento (29, 28): “Le cose nascoste appartengono all’Eterno, il nostro Dio, ma le cose rivelate valgono per noi e per i nostri figli per sempre: dobbiamo adempiere tutte le parole di questa Torà”. Questo versetto ci insegna che è chiaro ed esplicito nella Torà che i comandamenti [divini] valgono per sempre… e di adempiere a tutte le direttive della Torà in eterno”, come dice il Ràmbam in Hilkhòt Yessodè Hatorà 9, 1, basandosi su questo versetto. Infatti, in Yemot HaMashìakh (I giorni del Mashìakh) adempiremo alle mitzvòt proprio come facciamo oggi.

Tuttavia, troviamo una dichiarazione dei Saggi che sembra contraddire ciò. La Ghemarà (Niddà 61a) dice: “Le mitzvòt saranno abrogate in futuro”, e questo è riportato nella halakhà/codice di leggi ed è il motivo per cui è permesso seppellire i morti coperti con tessuti fatti di kilayim (il divieto di indossare un misto di lana e lino), perché “le mitzvòt saranno abrogate in futuro”, quindi la persona morta non trasgredirà il divieto di kilàyim, né ora né in futuro.

Come possiamo conciliare tutto ciò?

Il primo a venirci in aiuto è l’Alter Rebbe con il Tanya. All’interno di una lunga lettera in cui spiega la questione dei Mitnagdim (oppositori della chassidùt) su ciò che ha detto il Baal Shem Tov, inserisce una breve riga (tra parentesi) che spiega questa palese contraddizione. Ecco cosa scrive:

“E quello che i nostri Saggi dicono che le mitzvòt saranno abrogati in futuro, questo sarà al tempo della Resurrezione dei Morti, ma nei Giorni del Mashìakh prima della Resurrezione dei Morti  non saranno abrogati” (per approfondire vedi il saggio di Nissan David Dubov Vivere e Vivere Ancora).

Il Rebbe aggiunge una prova semplice e incisiva a ciò che l’Alter Rebbe dice a partire dalla mitzvà delle città rifugio (parashà Vaetkhannàn), dove la Torà ordina di aggiungere in futuro nell’era messianica altre tre città rifugio alle sei già esistenti. Quando dovremmo fare ciò? Solo quando “l’Eterno tuo Dio espande i tuoi confini” (Devarìm 19, 8) nella vera e completa redenzione! Quindi, non solo le mitzvòt non verranno annullate in futuro, ma ci saranno mitzvòt che si compiranno solo in futuro! Pertanto, dobbiamo dire che l’abrogazione delle mitzvòt avverrà solo in seguito, al momento della Resurrezione dei Morti. Nella prima fase dell’era messianica, le mitzvòt saranno una parte inseparabile della vita ebraica.

Inoltre, secondo la Chassidùt, solo nei Giorni del Mashìakh avremo il merito di compiere le mitzvòt nel modo più perfetto. Ogni mitzvà, infatti, dipende da tre fattori generali: 1) la persona che compie la mitzvà; 2) l’oggetto con cui compie la mitzvà; 3) l’ambiente generale (il mondo) in cui la mitzvà viene compiuta. Oggi, tutti e tre i fattori sono carenti. L’uomo non è perfetto, l’oggetto fisico è sotto l’influenza delle klipòt (buccia o guscio che nasconde il bene, simbolo del male), e pertanto il mondo soffre della malattia maligna chiamata “esilio della Shekhinà (la presenza Divina)”.

Ovviamente, in circostanze così basse dal punto di vista spirituale, è impossibile aspettarsi che le mitzvòt vengano compiute alla perfezione. Solo in futuro, nei Giorni del Mashìakh quando l’uomo sarà perfetto e l’oggetto fisico non sarà coperto dalle klipòt, e il mondo intero sarà elevato, arriverà il momento sperato in cui adempieremo alle mitzvòt “secondo il comando della Tua volontà”, proprio come Dio intendeva che le adempissimo.

Se è così, non solo le mitzvòt non saranno revocate nei Giorni del Mashìakh, ma sarà proprio allora che saranno adempiute alla massima perfezione.

Alcuni potrebbero essere turbarti leggendo questo. Vuoi dire che anche nei Giorni del Mashìakh dovremo lavorare sodo? Anche allora dovremo dire le Selikhòt (le preghiere penitenziali) per tutto ciò che non abbiamo fatto? Anche allora avremo un’inclinazione al male che non ci darà pace?

La Guerra È Finita

L’approccio del Rebbe a questo tema è innovativo e piuttosto interessante. In una lunga lettera, spiega a un certo Elchanan Cohen cosa accadrà alle anime ebraiche quando arriverà Mashìakh. Il Rebbe divide l’esistenza del mondo in tre epoche: 1) Questo mondo; 2) i Giorni del Mashìakh; 3) la Resurrezione dei morti.

  1. La prima era è un tempo di guerra tra il bene e il male, tra lo spirituale e il materiale. E in guerra, a volte si vince e a volte…
  2. Dopo la guerra, ci sarà la Gheulà (amen!), il popolo ebraico separerà il bene dal male e raggiungerà lo stato perfetto dell’uomo come prima del peccato dell’Albero della Conoscenza. Ciò significa che il mondo non sarà sotto il controllo delle klipòt, ma le klipòt esisteranno ancora nel mondo. A proposito di quest’epoca si dice: “e getterò su di voi acqua pura”, ma solo su “voi”, ogni singolo ebreo, il popolo ebraico nel suo insieme e quelli che hanno aiutato Israèl nella sua missione.
  3. Solo nella terza era, quella della Risurrezione dei Morti, si compirà il versetto “e lo spirito di impurità toglierò dalla terra” e allora il male cesserà di esistere.

Secondo questa categorizzazione, nei Giorni del Mashìakh il male potrà ancora esistere, anche il male vero e proprio, e gli ebrei avranno ancora il libero arbitrio e potranno persino scegliere il male (Dio non voglia!). D’altra parte, questo male sarà solo esterno, ossia non sarà un male che è impiantato dentro di noi come oggi, non il male che ci disturba internamente. Non avremo una guerra interiore con lo yètzer (l’istinto al male) e non avremo bisogno di lavorare duramente per superarlo. Questo spiega anche perché nell’era della redenzione riceveremo una ricompensa per aver scelto il bene, perché non sarà automatico e sarà comunque una scelta. Tuttavia, non sarà una scelta difficile o complicata come lo è oggi che abbiamo il male dentro di noi, ma sarà semplice e (quasi) naturale.

Il Rebbe fa un paragone con la nostra epoca. Anche oggi dice il Talmùd “se non fosse per l’aiuto di Dio (verso l’essere umano, per superare l’inclinazione al male), l’uomo non potrebbe affrontarlo”.

Tuttavia, anche oggi abbiamo la ricompensa per aver fatto le mitzvòt, come si deduce dalla nostra parashà, perché nonostante l’aiuto dall’Alto, è ancora una nostra scelta, e se abbiamo scelto il bene meritiamo una ricompensa. Anche in futuro Dio ci aiuterà, molto più di quanto faccia oggi. Ci aiuterà con l’”acqua pura” che ci spruzzerà addosso. Ci purificherà a tal punto che il male ci abbandonerà. Immaginatevi una sensazione di purezza, più grande dell’immersione nel mikvè dell’Arizal (come simbolo di un luogo di grande santità) in una giornata torrida.

Ciò che dice il Rebbe fa luce sull’intera questione, al punto che il Rebbe stesso osserva, con modestia (com’è nel suo stile) e senza dilungarsi, che questo nuovo approccio spiega questioni complicate dei commentatori del Ràmbam (il Raavàd, il Kèssef Mishnè e il Lèkhem Mishnè) che molti commentatori hanno faticato a conciliare.

In sintesi, anche nei Giorni del Mashìakh, almeno nella prima parte, dovremo dire le Selikhòt per ciò che abbiamo fatto, ma possiamo presumere che non avremo molto per cui chiedere perdono.

Storia Conclusiva

Concludiamo con una storia chassidica per prepararci alle Selikhòt di motzaè Shabbàt.

IL LUOGO: Berditchev.

L’ORA: Erev Rosh Hashanà, nelle prime ore del mattino.

L’EVENTO: gli ebrei di Berditchev si recano a casa dello tzaddik, Rabbi Levi Yitzchok, per stare con lui per le Selikhòt, “Zechor Brit” (la preghiera del Ricordo del Patto il giorno prima di Rosh Hashanà).

Entrando in casa sua, non lo trovarono subito e questo fu strano. Dopo un po’, uscì dalla cucina con in mano un cestino che conteneva una bottiglia di mashke (vodka) e prodotti da forno.

“Venite, andiamo”, chiamò, e il gruppo si avviò. Rav Levi Yitzchok non entrò nella sinagoga ma andò oltre e i suoi stupiti chassidìm lo seguirono. Camminarono fino alla fine del paese, dove entrarono in una casa. Nell’aria c’era un odore sgradevole di tabacco e whisky. Sul pavimento di terra battuta dormivano ebrei e gentili, vicini come aringhe. Il suono del russare era così forte che poteva scacciare una mandria di elefanti. Rav Levi Yitzchok si avvicinò a uno dei dormienti, un ebreo magro che indossava gli tzitzìt e una grande yarmukla. Lo svegliò dolcemente e gli suggerì di bagnarsi la gola con un po’ di mashke e di mangiare qualche prodotto da forno.

L’ebreo guardò lo tzaddik, ma a causa della semioscurità non vide chi gli stesse parlando. Disse irritato: “A cosa stai pensando? Dovrei prendere la mashke senza lavarmi le mani? Come posso assaggiare qualcosa prima di essermi lavato le mani, aver fatto la tefillà e la bracha? Credi forse che io non sia un ebreo?”.

Rav Levi Yitzchok ripeté la cosa con alcuni altri ebrei e tutti risposero allo stesso modo. Poi svegliò un ragazzo e gli disse: “Ivan, alzati e bevi un po’ di whisky!”. Il ragazzo sentì solo l’odore della mashke e si alzò di scatto. Afferrò la tazza dello tzaddik e la svuotò in un sol sorso. Poi divorò allo stesso modo alcune aringhe e prodotti da forno e, quando vide che non c’era altro, si girò e tornò a russare.

Allora Rav Levi Yitzchok guardò verso il cielo e disse: “Maestro dell’universo, guarda dal cielo e vedi come quando Ya’akov si sveglia non pensa ai suoi bisogni corporei ma a quelli della sua neshamà. Non mangia e non beve finché non si lava le mani, non prega e non dice una bracha. Essàv, invece, afferra e mangia, afferra e beve, senza lavarsi le mani, senza una bracha”.

 

Con il volto splendente, lo tzaddik si rivolse ai suoi chassidìm e disse: “Ora, andiamo a ‘Zechor Brit’”.

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