Cabalà e Trasformazione con le Lettere Ebraiche
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| due delle illustrazioni presenti nel libro |
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ALEF -
LA LUCE DELLA TORÀ
Con la lettera àlef iniziano le parole ebraiche alùf (comandante, insegnante) e or (luce). La àlef ci inizia dunque all’idea dell’apprendimento, allo studio e alla conoscenza della Luce, la Torà. Quando si parla di Luce nella Cabalà, non si può non introdurre un secondo protagonista, ovvero il “contenitore” della luce. La dialettica tra Oròt e Kelìm (luci e recipienti) è infatti il cuore di ogni sistema cabalistico. Per fare un esempio classico di queste due polarità prenderemo in esame da un lato la or, ovvero la divinità (e il suo desiderio di riversare la Sua Luce sull’umanità, sulla creazione) e dall’altro i kelìm, i contenitori, prescelti per ricevere questa luce, ovvero l’umanità intera, e il popolo ebraico in particolare, al momento della rivelazione divina sul monte Sinày durante la promulgazione del decalogo. Narra la tradizione biblica che il popolo ebraico non fosse assolutamente pronto a ricevere l’infinita potenza della luce divina. Si dice che dopo la promulgazione del secondo comandamento il popolo avesse già perso i sensi più volte a causa dell’intensità della parola divina e dell’eccessiva luminosità della visione profetica, e avesse pregato Moshé di ascoltare lui solo la Voce, per poi riportare loro ciò che aveva “visto e ascoltato”.
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BET - L’ORDINE INFERIORE QUALE RIFLESSO
DELL’ORDINE SUPERIORE
La parola ebraica bait significa sia donna sia casa.
La Cabalà insegna che siamo stati costretti a rinunciare
a vivere come anime disincarnate nelle sfere celesti per
costruire una “casa di D-o nel mondo inferiore”.
Alla donna in particolare è stato assegnato il difficile compito di
far discendere lo spirito divino nella sua casa.
Il sistema di meditazione elaborato dalle meghiròt insegna come
entrare in un rapporto profondissimo con la casa, facendo sì che i
lavori domestici smettano di essere quell’incombenza noiosa che
spaventa la maggior parte delle donne e diventino invece un’opportunità
di purificazione ed elevazione spirituale.
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GHIMEL - RESISTENZA ALLE DIFFICOLTÀ DEL
VIAGGIO SPIRITUALE
Ya’akòv alla ricerca del sostentamento
La ghìmel ci porta nella dimensione del viaggio,
del cammello, gamàl, e dei diversi significati a esso
associati. Scritta per esteso essa infatti viene a formare sia la parola
gamàl sia la parola gomèl (colui che opera il bene), e rappresenta
la capacità dell’anima di dare e di nutrire il prossimo.
Il terzo dei padri, Ya‘akòv, si associa alla ghìmel, la terza lettera.
Diversamente da Yitzkhàk che non lasciò mai Israele, Ya‘akòv
passò la maggior parte della sua vita in esilio, in viaggio sui cammelli,
confrontandosi con la dura realtà del lavoro, della responsabilità
di provvedere alla numerosa famiglia (all’inizio di dodici
figli, e poi di settanta anime con cui scese in Egitto per salvarle
dalla carestia). La percezione della divinità per Ya‘akòv avviene
quindi in un mondo in cui il lavoro, la prova, la lotta contro le
difficoltà sono parte integrante della maturazione spirituale.
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DALET - POSITIVITÀ NELLA POVERTÀ
La lettera dàlet scritta per esteso forma una parola
evidentemente associata al suo messaggio. dèlet significa porta e allude alla porta a cui viene a bussare
chi ha bisogno, il dal, che in ebraico significa povero (...). Il Talmùd insegna che le lettere ghìmel e dàlet stanno
per ghemòl dalìm, essere solleciti nei confronti dei bisognosi
(Shabbàt 104a). Viste sotto questo aspetto esse rappresentano
uno dei principali temi delle mitzvòt, la condotta e gli obblighi
dell’uomo nei confronti dei propri simili (l’altro riguarda i rapporti
tra uomo e D-o).
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